L'immobilità del cambiamento
- federica valentini
- 17 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Tra nostalgia e desiderio: abitare il passaggio

Ci sono momenti in cui tutto sembra statico.
“Eppur si muove” la vita, anche nelle stanze più quiete: il sole attraversa la finestra, il mondo gira ostinato, i pensieri scorrono come nuvole migranti, pronte a cambiare forma e direzione.
Cambiare è parte del vivere; ma ci sono momenti in cui quel cambiamento rallenta, si fa sottile, difficile da nominare. È come stare su un ponte, in bilico tra ciò che eravamo e ciò che stiamo diventando. Sentiamo di non appartenere più al prima e di non appartenere ancora al dopo. E allora sembra di non appartenere a nessun luogo; di non sapere più bene chi siamo.
È una sensazione che conoscono tante persone: quella strana tensione tra nostalgia e desiderio, tra paura e slancio, tra “vorrei andare avanti” e “mi manca ciò che ero”.
È qui che nasce l’immobilità del cambiamento.
Un passaggio, un transito.
Quel momento in cui tutto è in trasformazione, ma nulla è ancora compiuto. E può far sentire disorientatə, in sospeso, persə.
In giorni così, alla domanda: "come stai?", mi ritrovo a rispondere: “In passaggio”. Come se stessi attraversando corridoi che profumano di nuovo e nostalgia insieme, con l’entusiasmo che freme e la paura che sussurra piano. E in quei momenti, invece che sentirmi in movimento, mi scopro quasi immobile, sospesa in un tempo dilatato.
Ecco allora che mi accorgo: dentro di me si affollano voci differenti.
La paura tiene stretto ciò che conosce,
il desiderio vorrebbe spingermi altrove;
la nostalgia si siede vicino alla finestra,
la curiosità vuole aprire già la porta.
Siamo così, noi esseri umani: dentro la nostra mente, un salotto affollato di personaggi, ciascuno con il proprio desiderio di essere ascoltato.
Esiste una teoria delle parti in psicologia che racconta proprio questo strano, misterioso intrecciarsi di voci: ogni emozione, ogni pensiero ricorrente, ogni parte di noi che vuole qualcosa di diverso è come un piccolo ospite della nostra casa interiore.
Uno dei modelli che dà voce a questa moltitudine è l’Internal Family Systems (IFS): ci invita a immaginare la mente come una stanza abitata da parti diverse – nessuna nemica, tutte preziose, se ascoltate.
Sono le nostri parti in contrasto a farci sentire questo “blocco”: quelle che vogliono spingerci a evolvere, a trasformarci per stare meglio, e quelle che vogliono mantenerci dove siamo per proteggerci o farci procedere con più cautela.
E allora che fare?
Non sempre si tratta di “fare qualcosa”, a volte si tratta solo di "restare". Sentire. Respirare. Invitare le emozioni a sedersi con noi; lasciare parlare ogni parte, offrire a ciascuna una tazza di tè, un ascolto sincero, un posto intorno al tavolo.
È il momento in cui possiamo dialogare con le nostre parti, accoglierle, conoscerle meglio.
E chiederci:
Chi voglio diventare?
Chi voglio essere?
Cosa sto lasciando andare?
Quale parte di me sta cercando spazio per emergere?
Così, anche quando ci sembra di restare immobili, dentro di noi qualcosa si muove.
Il cambiamento non è una corsa, è la pazienza di restare in ascolto, lasciando che ogni parte si presenti e dica la sua. Può bastare questo: rimanere; aprire la porta a ciò che si muove piano, accomodare le emozioni e ascoltare senza fretta.
Siamo esseri mutevoli, in continua trasformazione.
E anche se oggi ti sembra di non andare da nessuna parte, anche se ti senti immobile, in bilico, in sospeso… Prova ad ascoltare le parti in contrasto che abitano in te.
Spesso non si tratta di essere "in blocco", ma di essere attraversatə da voci che vogliono cose diverse, e quando le accogliamo, quando smettiamo di combatterle e iniziamo ad ascoltarle,
l’ascolto diventa comprensione,
la comprensione, crescita,
la crescita, movimento.
Un piccolo invito a scrivere
Ti lascio una consegna-spunto di scrittura terapeutica:
Immagina di invitare le parti di te a bere una tazza di tè nel tuo salotto. Chi siede con te oggi? Dai voce a ogni parte, una alla volta: che cosa vogliono raccontare? Di cosa hanno bisogno?
Non giudicare le risposte, non correggere: ascolta ciò che ogni parte ha da dire, come accoglieresti le condivisioni di un’amica cara.
Quando tutte avranno parlato, fermati ancora un attimo: è cambiato qualcosa? C'è una consapevolezza nuova, o porta solo un piccolo sospiro in più?
Questo esercizio semplice, ma prezioso, può essere un piccolo gesto di cura verse te stessə ogni volta che ti senti immobile davanti a un cambiamento. Fammi sapere se lo proverai.
A volte può accadere che, nell’apparente immobilità, germogli il seme della trasformazione.



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